Descrizione
Vrished Moradi, cittadina onoraria di Poggibonsi, ha scritto una intensa e toccante lettera dal carcere di Evin (iran), letta in occasione del Consiglio Comunale aperto e straordinario che si è svolto per celebrare la Festa della Toscana, da Shiva Mahbobi, portavoce della campagna per la sua liberazione. Una lettura che ha emozionato tutta la platea.
Verisheh Moradi, scrittrice, formatrice e attivista per i diritti delle bambine e dei bambini di strada in Iran e in Siria, è stata arrestata nell’agosto 2023 a Sanandaj, interrogata per cinque mesi in isolamento tra torture fisiche e psicologiche e poi trasferita nel famigerato carcere di Evin, nella capitale Teheran. E’ a rischio di esecuzione a seguito di un processo gravemente iniquo da parte del Tribunale rivoluzionario di Teheran, che nel novembre 2024 l’ha condannata a morte per “ribellione armata contro lo stato” in relazione alle sue attività non violente a sostegno dei diritti umani.
Vrisheh dal 26 maggio 2025 è cittadina onoraria di Poggibonsi, con voto unanime di tutto il Consiglio Comunale.
Questo il testo integrale della sua lettera:
"Egregi membri del Consiglio comunale di Poggibonsi, egregia signora Sindaca del Comune di Poggibonsi,
Io, Vrisheh Moradi, sono figlia degli imponenti monti Zagros, figlia di quel Medio Oriente in cui i giorni iniziano con l'odore della polvere da sparo e del sangue e le cui notti finiscono con le grida delle donne terrorizzate dalla morte e dall'esilio.
Come milioni di altre donne, sono nata in un angolo del Medio Oriente assediato da regimi totalitari e da sguardi pesanti di mentalità superstiziose, dove persino respirare richiede una resistenza infinita.
Sono nata in un luogo che si chiama Kurdistan, le cui donne continuano a combattere per i propri diritti più elementari in una guerra impari, in un terreno senza confini fatto di armi e di ideali.
Ho imparato a ribellarmi che ero adolescente. Non per eroismo, ma perché vivere nel silenzio significava la morte lenta dello spirito. L'ho fatto con una speranza lontana e luminosa. La speranza che le donne della mia terra non si dovessero più svegliare con il rumore degli scoppi e l'odore del sangue e che si potessero addormentare senza avere più in corpo la paura di venire decapitate dalla lama dell'onore e del dogmatismo. Ho sperato in un mondo dove la donna non fosse più corpo da usare e merce da vendere o comprare ma spirito che vuole esistere, significare e creare.
A Kobane, lì dove terra e libertà erano diventate dello stesso colore, al fianco di migliaia di donne e di uomini, ho combattuto le tenebre dell'ISIS. Loro che forgiavano il loro paradiso tagliando la testa alle donne e consideravano la morte per mano di una donna come veleno per le loro promesse di menzogna. Feriti ma determinati, abbiamo seppellito in quella terra la loro volontà di dominio sul mondo.
Oggi, in un altro angolo di questo Medio Oriente sofferente, sono stata condannata a morte per essermi sollevata contro il buio e la distruzione e per aver scelto una strada il cui paradigma è una società democratica, ecologista, libertaria per le donne; un disegno epico di pace e democrazia in cui il dialogo viene seminato anche in seno alla guerra. Il mio unico obiettivo è di non essere in debito con la Storia. Non ho voluto essere una spettatrice che assisteva inerme alla realtà. Sono tra quelli che ritengono di non meritare la libertà se non riescono a combattere per averla.
Oggi ci sono decine di persone in attesa - donne e uomini - , in attesa come me.
Non sono in attesa di giustizia - giacché è da tempo che questo vocabolo non appartiene più a questi governanti - sono in attesa della morte. Per la sola colpa di vivere l'esistenza con uno sguardo diverso.
Onorevoli cittadini di Poggibonsi,
questo messaggio non è un lamento di disperazione. È un appello alla consapevolezza, all'attivismo, allo stare al fianco di tutti coloro che, in Iran e nel Medio Oriente, sono incatenati e imprigionati perché combattono per la libertà di pensiero e la dignità della vita.
Questa lettera è a nome di tutte le donne vittime di femminicidi d'onore, vittime di tradizioni che sanno di sangue e che vengono definite "rispettabilità", di tutte le donne la cui unica colpa è dare senso alla vita.
Scrivo da un carcere che si chiama Evin.
Dove ogni altura conosce la storia di migliaia di esistenze consapevoli carpite alla vita.
Nella sua sezione femminile il termine "resistenza" non è solo uno slogan ma è un modo di condurre la vita.
Abbiamo imparato che, anche dietro le mura della prigione, si può diventare urlo, speranza e chiamare il futuro.
Il futuro non appartiene a chi teme le tenebre, appartiene a chi ha il coraggio di accendere anche una piccolissima candela nella notte più buia. Candele che, forse non illumineranno il cammino, ma malediranno le tenebre.
In conclusione, ringraziando Voi per il conferimento della Cittadinanza Onoraria e tutte le persone e le associazioni che si sono prodigate a tal fine, considero quest'azione come un passo in sostegno a tutte le donne che continuano a tenere accese nel buio quelle candele di speranza per essere la luce di coloro che hanno nel cuore e nel cammino la libertà, l'uguaglianza e l'umanità.
"Zan Zendegi Azadi (in persiano)- Jin, Jiyan, Azadi (in curdo) - Donna Vita Libertà" non è solo il nostro motto, è la sostanza della nostra esistenza.
Talvolta la vita ti permette una sola scelta: non viverla o elevarla, dandole significato".
Vrisheh Moradi
Carcere di Evin
Teheran – Iran
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Ultimo aggiornamento: 9 dicembre 2025, 17:11